Da anni discuto con gli imprenditori riguardo il welfare aziendale, presentandolo come una vera e propria terapia che cura le ansietà lavorative. Da quando la pandemia ha fatto irruzione nella vostra vita, ne parlo ancora di più. I dipendenti delle mie aziende clienti spesso mi chiedono consulenze sulla loro vita lavorativa di oggi, che è cambiata e si appresta a cambiare ancora.
La stragrande maggioranza di loro intende il proprio lavoro e la propria carriera come solo una parte di una vita piena, realizzata e desiderata.
Fino a qualche tempo fa, il concetto di benessere era completamente scollegato dal nostro tempo lavorativo, benché sul posto di lavoro si passi quasi l’intera giornata; oggi, l’argomento sta cambiando e negli imprenditori vedo emergere una coscienza diversa.
La tematica è finalmente diventata attuale, e il lavoratore ricerca un’azienda in grado di sostenerlo nel delicato equilibrio tra vita e lavoro.
La vita del team e del singolo lavoratore cambia prospettiva e l’azienda attrae a sé nuovi curriculum con una nuova reputazione. In un panorama caratterizzato da trend globali come Quiet quitting, Great Resignation, le aziende possono avere un ruolo chiave nella tutela dei propri lavoratori, senza timori. Perché un lavoratore formato e capace di lavorare che cerca un’alternativa e se ne va è una perdita economica e professionale.
La mia esperienza sul campo mi consente di dire che solo le aziende che investono sul capitale umano possono crescere nel tempo e svilupparsi in maniera concreta. Un lavoratore soddisfatto e motivato sarà più efficiente e produttivo e diverrà un prezioso alleato per l’azienda, fedele e valorizzato quindi propenso a rimanere.
Un programma di welfare aziendale è un piano di arricchimento culturale per l’intera azienda, è una strategia di crescita, è produttività ed al tempo stesso competitività.
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